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L’utilizzo dell’acqua come arma strategica di guerra non è un fenomeno del tutto nuovo, anche se si è tornati a discuterne soltanto negli ultimi anni.
Questa tattica, che oltre ad essere un’efficace strategia militare ha anche risvolti politici e psicologici, prevede il controllo delle infrastrutture idriche nemiche, come dighe, pozzi, canali e bacini tramite i quali è possibile manipolare i flussi d’acqua. Bloccare le forniture idriche, deviarle, contaminarle o utilizzarle per inondare i raccolti sono metodi utili quanto meschini per colpire intere popolazioni, mettendo a rischio la loro sicurezza idrica, alimentare ed energetica e far leva sui propri nemici.
La storia è costellata di esempi che mostrano come il così detto ‘oro blu’ sia stato sfruttato come strumento di guerra per pressare gli opponenti politici o militari e raggiungere così obiettivi strategici. Si dice che, già nel 539 a.C, Ciro il Grande sia riuscito a conquistare Babilonia proprio dirottando le acque del fiume Eufrate, rendendone così più facile l’attraversamento.
Più recentemente, si è tornati a discutere di questa tematica in relazione allo Stato Islamico. In Iraq, il gruppo terroristico è riuscito ad impadronirsi di importanti dighe, come quella di Falluja, Ramadi, Samarra e Mosul (anche se solo per pochi giorni) ed ha ripetutamente tagliato l’acqua e l’elettricità a numerose città, in particolar modo quelle Sciite. Non meno grave è stata l’inondazione di terre fertili, come quelle nella zona di Abu Ghraib, che, oltre a provocare la perdita dei raccolti e la morte del bestiame, ha anche causato l’evacuazione di migliaia di residenti nell’area.
Dinamiche simili si sono verificate anche in passato nella Siria di Bashar al-Assad e nell’Iraq di Saddam Hussein che, negli anni ‘90, decise di drenare le paludi sud irachene per punire il popolo della sua ribellione contro il regime. Anche lo Yemen, dove si sta attualmente consumando una delle più gravi crisi umanitarie al mondo, vede spesso l’acqua utilizzata dai combattenti a discapito dei civili.
Caso esemplare che viene spesso trascurato è quello della Libia, già uno dei paesi più aridi al mondo. Nonostante i ripetuti appelli delle Nazioni Unite contro l’utilizzo dell’acqua come arma di guerra, pratica vietata anche dalle convenzioni internazionali, le parti in gioco ne hanno fatto ampio uso.
Oltre ad infrastrutture decadenti, già devastate da anni di conflitti, numerosi sono stati i sabotaggi e gli attacchi alle risorse idriche. Proprio recentemente, in piena pandemia da COVID-19, l’approvvigionamento idrico a Tripoli è stato interrotto da una milizia locale che avrebbe assaltato una stazione di controllo del complesso del GMR (Great Man-Made River, l’acquedotto più grande al mondo voluto da Muammar Gheddafi), tentando di fare pressioni per assicurarsi il rilascio di miliziani alleati di Haftar. Una circostanza analoga si era già verificata nel maggio 2019, quando un gruppo armato aveva assalito la centrale idrica di Jabal al-Hasawna, bloccando per 48 ore l’approvvigionamento idrico della capitale.
Questa situazione è resa ancor più grave dalla continua crescita demografica e dall’avanzamento dei cambiamenti climatici, a cui la Libia è estremamente prona. Le limitate risorse idriche rinnovabili e le dure condizioni climatiche minacciano lo sviluppo economico del paese, andando a intaccare la produzione agricola, fortemente basata sull’irrigazione.
In un simile contesto, l’acqua appare sempre più come un bene prezioso, che in quanto scarso genera numerose tensioni. Soprattutto nei paesi aridi dell’area medio orientale e nordafricana, dove le risorse disponibili si stanno contraendo, l’acqua è sia fonte di vita che di morte, specialmente quando usata come fonte strategica di leverage, come arma di guerra.
Lungimiranti sono state le parole pronunciate nel 1995 da Ismail Serageldin, ex vicepresidente della Banca Mondiale:
“Se le guerre del XX secolo sono state combattute per il petrolio, quelle del XXI secolo avranno come oggetto l’acqua”.
- Con l’avanzamento dei cambiamenti climatici, tali dinamiche diventeranno sempre più frequenti: quali attori ne gioveranno maggiormente?
- L’utilizzo delle risorse naturali come arma strategica di guerra diventerà la prassi nei conflitti a venire?
- Nei prossimi anni, si consumeranno vere e proprie guerre per l’acqua?
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