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La questione dell’indipendenza del Sahara Occidentale aveva raggiunto negli ultimi anni una preoccupante situazione di stallo, tanto da venir considerata come uno degli ultimi casi di colonizzazione irrisolta. Lo scorso mese tuttavia, la contesa sembra aver ripreso vita.
Per capire le origini della disputa sul Sahara Occidentale è necessario risalire al 1975, quando, in seguito al ritiro spagnolo dalla regione, il Marocco ha annesso una parte dell’area, tra l’altro ricca di risorse naturali, al suo regno. In risposta, nel 1976 il Fonte Polisario, movimento indipendentista nato nel 1973, annunciava la nascita della Repubblica Democratica Araba dei Sahrawi (RASD), costituendo un governo in esilio in Algeria e dando vita a una guerriglia per l’indipendenza che sarebbe durata fino al 1991. Quello stesso anno le Nazioni Unite promossero il cessate il fuoco e istituirono la Missione delle Nazioni Unite per il referendum nel Sahara Occidentale (MINURSO), incaricata di vigilare sul rispetto della fine delle ostilità e di iniziare un processo che avrebbe dovuto portare alla realizzazione di un referendum popolare sull’indipendenza del Sahara Occidentale, ad oggi mai avvenuto.
Da allora la situazione si è andata gradualmente a cristallizzare, beneficiando in particolar modo il Marocco, che appunto detiene il controllo di gran parte del territorio del Sahara Occidentale, anche grazie alla costruzione del Berm, un muro di sabbia di circa 2.720 km eretto per motivi di difesa che ha di fatto relegato la RASD ad amministrare solo una piccola parte di territorio desertico ai confini tra Algeria e Mauritania. La zona contesa, oltre ad avere un’importanza strategica a livello regionale, ospita importanti risorse economiche, soprattutto per quanto riguarda la pesca e il fosfato, e si vocifera giacimenti di petrolio, motivo per cui il Marocco non intende retrocedere, ma anzi sfruttare appieno la ricchezza della regione.
Per rafforzare la propria sovranità sul Sahara Occidentale, il Marocco ha da anni messo in campo un accorto lavoro diplomatico che lo ha riportato al rientro ufficiale nell’Unione Africana, da cui era uscito negli anni ’80 proprio in seguito al riconoscimento da parte dell’Unione della RASD, e all’instaurazione di uno stretto legame con alcuni stati, sia arabi che africani, i quali hanno sostenuto le rivendicazioni marocchine con l’apertura simbolica di sedi consolari nelle principali città della costa saharawi. Pablo de Orellana, ricercatore specializzato sul conflitto presso il King’s College di Londra, ha affermato che la strategia marocchina di promuovere una narrativa che inquadra il Polisario come separatisti illegittimi controllati dall’Algeria, principale alleato del popolo Saharawi, sta decisamente funzionando, aiutando il Marocco ad ottenere maggiore supporto internazionale sulla questione. Primo fra gli alleati di Re Mohamed VI è naturalmente la Francia, che intrattiene solide relazioni economiche con Rabat e che, essendo membro permanente nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU, ha un ruolo significativo nel tenere la situazione in stallo e nell’ostacolare l’indipendenza dei Saharawi.
In questo contesto, innegabile è l’indifferenza e l’incapacità delle Nazioni Unite di far avanzare il processo di pace. MINURSO infatti, fondata quasi 3 decenni fa, non è ancora riuscita ad attuare pienamente la sua missione e la sua prolungata inerzia non fa che deteriorare la situazione sul campo, dando un’ulteriore occasione al Marocco di cementare lo status quo e la sua sovranità sul Sahara Occidentale. Lo scorso 31 ottobre, l’ONU ha rinnovato il mandato della missione di un ulteriore anno, ma la speranza che possa realmente dare una svolta alla situazione si sta affievolendo. Il referendum per l’indipendenza saharawi è stato infatti rimandato per l’ennesima volta, motivo a cui molti imputano la recente escalation di violenze nell’area.
Dal 21 ottobre il Fronte Polisario infatti bloccava la circolazione di merci e persone nell’area di Guerguerat, lungo la strada chiave che collega Marocco e Mauritania in segno di protesta. Così il 13 novembre, in risposta alle “provocazioni” degli indipendentisti, l’esercito marocchino è intervenuto per ripristinare la circolazione, intensificando le tensioni nel territorio contestato e minacciando una fragile tregua che dura da quasi 30 anni.
Il rischio quindi è che la questione rimanga una ferita aperta, capace di mettere in luce sempre di più l’incapacità del sistema internazionale, a partire dal suo apice, le Nazioni Unite, di trovare soluzioni praticabili e disinnescare una crisi che potrebbe avere pericolose ripercussioni in tutta la regione.
- Gli scontri e le violenze nella regione continueranno ad aumentare?
- Le Nazioni Unite e la comunità internazionale faranno sentire le loro voci?
- Il referendum per l’indipendenza del Sahara Occidentale avrà mai luogo?
Letture suggerite
Aljazeera, The failed diplomacy between Morocco and Polisario
Limes, Il vallo del Sahara (1) – La storia del Frente Polisario
Limes, Il vallo del Sahara (2) – Il referendum della discordia