Questo articolo è stato realizzato in collaborazione con Yezers, la Startup di Due Generazioni.
Analizzare in modo olistico il fenomeno della partecipazione politica giovanile in Italia non può non tener conto dello scenario internazionale dell’Unione Europea (UE), poiché, nell’era della governance transnazionale, ciò risulterebbe anacronistico. Visualizzare lo spaccato italiano all’interno della cornice Europa è importante poiché ci consente di confrontare il nostro paese con gli altri dell’Unione, così da osservare l’approccio dell’UE al coinvolgimento politico delle nuove generazioni.
A partire dal 2002, la Commissione Europea ha inaugurato la cosiddetta Youth Policy Strategy (attuata con la Risoluzione del Consiglio Europeo del 26 Novembre 2018), un ambizioso piano di riferimento per le politiche Europee rivolte ai giovani. L’iniziativa si ripromette di promuovere “(…) la partecipazione dei giovani nella vita democratica (….)” con il fine ultimo di sostenerne e garantirne l’impegno sociale e civico. Tale proposta mira ad un’ampia azione trasversale a 360°, la cui base poggia su tre pilastri cardine: “Mobilitare, collegare e responsabilizzare”. Diverse sono le modalità di implementazione, tra le quali “attività di apprendimento reciproco, il dialogo dell’UE con i giovani”, etc.
La comunicazione fra istituzioni Europee e giovani è cruciale: lo testimoniano gli 11 obiettivi, vale a direi cosiddetti 11 Youth Goals, indicatori di “problematiche trasversali aventi un’incidenza sulla vita dei ragazzi”. Parità di genere, inclusione sociale, richiesta di spazi di partecipazione unita ad un maggiore dialogo tra UE e giovani: varie le richieste degli 11 obiettivi. Proposti all’interno della sesta edizione della piattaforma di Dialogo dal titolo “Youth in Europe: What’s next?’, gli Youth Goals testimoniano il desiderio dell’UE (come prova la Risoluzione del Consiglio Europeo sulla strategia per la gioventù 2019-2027) di dare voce ai giovani affinché possano ricoprire un ruolo centrale nell’UE.
Alcuni dati rilasciati da un Documento di Lavoro (Maggio 2018) della Commissione Europea enfatizzano informazioni interessanti sulla partecipazione politica giovanile in Italia e nell’UE, di cui qui di seguito si evidenzieranno alcune variabili importanti. Come primo indicatore, si prenda in considerazione il crescente interesse in politica da parte dei giovani.
I dati dimostrano che, a partire dal 2010, l’interesse dei giovani (15-24 anni) è aumentato considerevolmente: la media UE ha registrato un aumento dal 40% del 2010 al 50% del 2017, probabilmente a causa dell’uso crescente di Social Media e dispositivi elettronici. Come seconda variabile rilevante, si consideri la percezione, tra i più giovani, della cittadinanza Europea: nel decennio 2010-2017, la fetta più giovane della popolazione (15-24 anni e 25-39) registra quasi l’80% e il 75% (contro il 70% e 60%più anziano).
Tuttavia, nonostante il crescente interesse politico, la percentuale di giovani elettori risulta in continuo calo a livello Europeo (74% nel 2017). L’Italia, insieme a Malta, Austria e Polonia, registra una fra le più alte partecipazioni (80%), mentre la situazione è drammatica in Irlanda, Lussemburgo e Cipro (oscillante fra il 45% e 40%). Inoltre, per quanto riguarda la rappresentanza giovanile in istituzioni Europee, la situazione è negativa: basti pensare che la percentuale di Membri del Parlamento al di sotto dei 30 anni o più giovani è scesa dal 3.4% nel 2009 al 1.9% nel 2014.
In una democrazia rappresentativa, è anche fondamentale misurare altri indicatori, come l’appartenenza e adesione dei giovani a partiti politici. Soltanto il 7% della gioventù Europea risulta membro di un partito o associazione politica (nonostante questa percentuale sia aumentata fra il 2010-2017). Nel 2018, la percentuale media Europea era dell’8% per gli uomini contro il 6% delle donne. Qui, l’Italia registra un calo decisivo (dal 7% nel 2011 al 5% nel 2017), la Germania una discesa ancor più allarmante (12% nel 2011 al 5% nel 2017), la Francia lo stesso (dal 4% al 2%), infine la Spagna dal 5% al 2,5%.
Per fortuna, la partecipazione politica dei giovani non si manifesta solo attraverso l’appartenenza a partiti politici: c’è un ultimo interessante indicatore, la percentuale di giovani attiva in associazioni politiche informali e alternative ai partiti ufficiali volte al miglioramento della realtà locale. La percentuale a livello europeo sale al 15% per gli uomini, e all’11% per le donne. Qui, l’Italia svetta ed è seconda solo all’Irlanda: mentre quest’ultima raggiunge quasi il 23% nel 2017 (vs 25% nel 2011), l’Italia registra un fiducioso raddoppio, dal 10% nel 2011 al ben 20% nel 2017. Positive sono anche le percentuali in aumento di altri paesi dell’Europa occidentale, Francia e Spagna, mentre al contrario peggiora la situazione di Cipro e Malta (dal 10% al 5%) e diversi paesi dell’Est Europa.
Delle diverse argomentazioni utili per decifrare la partecipazione politica dei giovani, una delle più interessanti (e logiche) è la diretta correlazione tra maturità della democrazia e partecipazione politica giovanile – come afferma Magdelina Kitanova, ricercatrice dell’Università di Southampton, in una sua ricerca. In democrazie neonate e poco mature, come ad esempio gli stati un tempo parte dell’URSS e dell’Est Europa, la partecipazione politica sarà meno stabile rispetto alle democrazie avanzate, a causa di un minor grado di maturità e stabilità democratica.
In breve quindi i “giovani (non) politici italiani” sono in netto vantaggio dal punto di vista della partecipazione politica in confronto al resto della gioventù europea, soprattutto per ciò che riguarda la percentuale di giovani attiva in associazioni politiche informali e alternative ai partiti ufficiali volte al miglioramento della realtà locale, mentre come nel resto dell’Europa l’adesione dei giovani ai partiti politici è in continuo calo.
Ma cosa sappiamo nel dettaglio della partecipazione politica giovanile nel nostro Paese? Come si comportano i giovani rispetto alla cosa pubblica e quali sono i temi in cui si impegnano maggiormente facendo sentire la propria voce?
Partiamo anche qui da alcuni dati. In Italia, i giovani che non partecipano alla vita politica sono in aumento. Il report 2020 dell’Istat segnala infatti che la mancanza di partecipazione generale nei confronti dei temi politici riguarda circa il 30% dei giovani tra i 18 e i 34 anni, dieci punti percentuali in più rispetto al 2014. Se poi si guarda alla fascia compresa fra i 14 e i 18 anni, il dato attuale sfiora invece il 50% contro il 40% del 2014.
Tuttavia, rispetto alla media del Paese, nel 2019 gli individui fra i 14 e i 24 anni risultano i più coinvolti all’interno di esperienze di politica attiva. Il 14% di loro, in particolare, ha partecipato in maniera diretta ad iniziative politiche (soprattutto attraverso cortei e manifestazioni) rispetto all’8% della popolazione adulta, mentre raggiunge il 70% il numero di coloro che fra i 14 e i 34 anni si sono informati di politica tramite internet almeno una volta a settimana. Un dato rilevante se si tiene conto che la tendenza ad informarsi decresce con l’avanzare dell’età e che la media italiana di coloro che si informano su internet con la stessa periodicità è del 74,8%.
Secondo l’Istat il disinteresse è la principale causa della mancata partecipazione e dell’assenza di informazione. A questo si aggiungono la sfiducia nel sistema politico e l’idea che i temi trattati siano troppo complicati. Il picco dei disinteressati (70%) è rappresentato dai giovani fino ai 24 anni, sebbene la percentuale non scenda mai sotto il 60% nel caso degli individui più grandi. Coloro che infine sono classificati come totalmente distaccati dalla vita politica, poiché affermano di non parlarne, di non informarsi e di non svolgere affatto attività correlate, sono più di 12 milioni di persone. Di questi, il 46,6% sono minori.
In secondo luogo, diviene necessario porsi una domanda, soprattutto osservando i dati riportati i quali indicano che gli individui fra i 14 e i 24 anni risultano i più coinvolti nell’attivismo politico e che al contrario è sempre più in calo la loro adesione a partiti politici. E se la mancanza di partecipazione giovanile nella politica nazionale fosse ascrivibile all’incapacità di riformarsi dell’attuale sistema politico, e quindi anche della maggioranza dei partiti?
I temi per i quali si battono le generazioni Y e Z mancano di un quasi totale spessore in Parlamento, e per questo i giovani preferiscono scendere in piazza anziché conformarsi a un modo di fare politica che appartiene ormai solo alle istituzioni. Il successo di Fridays for Future, il green movement che si dichiara apartitico, si deve all’enorme mobilitazione di studenti, i quali hanno testato l’impatto di uno sciopero e lo hanno messo a servizio di un tema che, nonostante sia forse il più urgente, raramente figura nelle priorità parlamentari, in particolare in quelle italiane. E la capofila di tutti questi studenti, Greta Thunberg, è così giovane da non essere nemmeno maggiorenne, e ciononostante è riuscita a parlare alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 2018.
Oltre che a sostegno del movimento ambientalista i giovani oggi scendono in piazza per sventolare altre bandiere, come quella arcobaleno che rappresenta i diritti LGBTQ+, che hanno raggiunto invece le poltrone parlamentari grazie ad un disegno di legge che si riallaccia alla legge Mancino contro il razzismo e che propone di punire fino a 4 anni di carcere chi istiga alla violenza omotransfobica. Infine, nell’ultimo mese i social e le piazze del pianeta sono state teatro delle manifestazioni e proteste per i diritti degli afroamericani negli Stati Uniti, e nel mondo, a seguito della morte di George Floyd dovuta alla violenza della polizia americana, la quale è tristemente responsabile di più di un tale crimine. Ed in Italia le nuove generazioni non sono rimaste in disparte, basti vedere piazza Duca d’Aosta a Milano lo scorso 7 Giugno.
Molti giovani rimangono però con una mancanza di interesse nel far combaciare alcuni dei temi per i quali si battono con concrete proposte elettorali, e soprattutto con una singola proposta elettorale. Infatti è in momenti epocali come questo che diviene chiaro che Black Lives Matter, Fridays for Future e i Pride, non sono solo i temi che le generazioni Y e Z ritengono di maggiore rilevanza, sono anche complementari l’uno con l’altro e smascherano il malfunzionamento del sistema politico-economico globale.
Fra le esperienze, la partecipazione politica degli under 35 passa anche da Yezers – La Startup di Due Generazioni ideata con l’intento di affrontare le sfide del presente dando spazio al protagonismo dei giovani. Nata a Milano nel 2017, apartitica e composta interamente da ragazzi e ragazze appartenenti alle generazioni Y e Z, la startup si propone di unire le energie e le competenze di giovani studenti e professionisti desiderosi di offrire il proprio contributo a sostegno di una trasformazione sociale, economica e politica del Paese. Il progetto porta con sé proposte concrete, iniziative ed eventi di confronto all’insegna della cittadinanza attiva. Dal contrasto al cambiamento climatico fino alla valorizzazione del talento giovanile, l’obiettivo è favorire lo sviluppo di una società più equa e sostenibile dove i giovani possano avere sempre più voce in capitolo.
Infine, è necessario considerare che un’eventuale mancanza di rappresentazione parlamentare dei temi per i quali i giovani si battono può e deve divenire motivo di interesse nel penetrare e reinventare il sistema politico attuale. Per far ciò un’educazione sempre più elevata accompagnata ad un placement lavorativo diviene necessaria. Osservando i dati si comprende che l’Italia può ancora spingersi avanti per quanto riguarda occupazione lavorativa, l’educazione e i training dei giovani, così da fornire strumenti che possano istituzionalizzare i temi per i quali le piazze vengono riempite. In Italia infatti la percentuale di giovani fra i 15 e i 24 anni che né lavoravano né studiavano o facevano training nel 2017 era l’11,9 %, in confronto al 5,5% della Francia e il 4,1% della Germania, mentre nel 2019 il dato è salito al 13,5% in Italia, l’8,2% in Francia e il 10,3% in Germania. Un investimento nella preparazione dei giovani che mostrano interesse in quei temi che la politica nazionale spesso non riesce ancora a far propri è ciò di cui le generazioni Y e Z necessitano, così da poter competere con l’attuale classe dirigente e rendere la loro partecipazione non solo attiva ma anche gestionale, in un clima politico che diverrebbe avanguardista.
- Può una maggiore educazione civica e politica coinvolgere i giovani nella politica nazionale?
- Per quale motivo i giovani italiani sono fra i più attivi politicamente ma non aderiscono alla politica formale dei partiti?
- Può una comunicazione fra istituzione europee e giovani colmare la distanza generazionale fra quest’ultimi e la classe dirigente?
Letture consigliate
Žižek, 2020. L’Internazionale: Che fine hanno fatto Greta Thunberg e Bernie Senders?
- La Partecipazione Politica Giovanile in Italia tra Sfide e Risorse - August 11, 2020
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- SOLIDARITÉ EN EUROPE: Faut-il recourir à des Coronabond? - May 5, 2020
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