Rischio Spillover: a fine emergenza ne dovremo tener conto.

Rischio Spillover: a fine emergenza ne dovremo tener conto.

Valeria Uncino
Il Covid-19 probabile conseguenza del “salto di specie”. Fonte: Scienza in Rete

È ormai quasi certo che l’attuale crisi pandemica è stata causata dall’eccessiva vicinanza tra il mondo umano e quello animale.
L’invasione del secondo da parte del primo ha ricordato come gli ecosistemi siano caratterizzati da delicate strutture e che per tali ragioni vanno tutelate.

Ogni specie animale porta con sé una serie di virus che vive in equilibrio in quell’ecosistema: distruggendolo o alternandolo il virus cercherà un nuovo ambiente ospite, un nuovo equilibrio.

Si verificherebbe il cosiddetto effetto Spillover (lett. fuoriuscita), il passaggio da parte del virus dalla specie animale a quella umana –come in questo caso.
La fine di questa crisi ci impone quindi di considerare tutti i rischi a cui è soggetta la vulnerabile razza umana: questo ne è sicuramente uno.

Dal 1960 al 2014 è stato registrato un aumento significativo di malattie infettive. Come mostrato in uno studio del 2008 a cura della professoressa di ecologia e biodiversità presso la UCL, Kate E. Jones oltre il 60% delle malattie emerse in quegli anni proveniva dalla specie animale.

Ricordiamo la Sars-Cov-2 di cui vettore ne fu il pangolino malese; la Mers- Cov in medio oriente diffusa tramiti camelidi infetti.
Queste malattie, definite prodotto di zoonosi, sono il risultato di un errato comportamento umano verso il mondo animale: la rapida urbanizzazione spesso anche in zone remote della terra, il disboscamento di foreste dove vivono un’infinità di specie viventi con delicati ecosistemi, sono il fattore principale di questa tragica conseguenza sulla salute umana.

Fonte: United Nations Environment Programme

Tuttavia, il rischio spillover è da sempre presente, ciò che è cambiato è che negli ultimi decenni è diventato più frequente e pericoloso.

Un virus che abita un determinato ambiente, per la naturale tendenza alla riproduzione quanto più rapida e massiccia possibile, se viene a contatto con un altro habitat accogliente tenderà ad invaderlo.

Molti studiosi ritengono infatti che l’attuale virus – parte del gruppo dei Coronavirus – abbia avuto origine proprio nei mercati di fauna selvatica in Cina: il “wet market” di Wuhan è molto famoso per la vendita di animali selvatici (vivi e morti) come pipistrelli, pangolini, salamandre, ratti.
Proprio per questa caratteristica è stato ritenuto lo starting point per la ricerca delle cause del Covid-19 dallo stesso Governo di Xi Jinping.

Il problema per la razza umana è che virus presenti in alcuni animali selvatici (ad esempio il pipistrello) vengono tenuti sotto controllo dai sistemi immunitari di questi animali, quindi proliferano nei loro organismi rimanendo quasi indisturbati.
Al contrario, questi risultano estremamente pericolosi per i nostri sistemi immunitari che non hanno le capacità di reazione sufficienti per sconfiggerli.

Ma come possiamo arginare questo problema? Basterebbe solo vietare la vendita di animali selvatici sui mercati?

Non basterebbe.
Mercati di questo genere sono maggiormente diffusi in Paesi in via di sviluppo e sono parte di radicate culture e tradizioni di questi popoli.
Vietarne la vendita, quindi regolamentare il mercato, è certamente un passo importante. Ma bisogna considerare che questi mercati generano milioni di dollari di ricavi e danno lavoro ad un ingente parte della popolazione.

È necessaria quindi anche una modifica del sistema offer and demand: se i Paesi ricchi continueranno a richiedere massicce quantità di materie prime e di animali esotici ai Paesi in via di Sviluppo, l’offerta non cambierà.
Le foreste continueranno ad essere disboscate e private della fauna che le abita; gli animali selvatici cacciati e venduti su mercati nazionali e internazionali. Vietarne la sola vendita incrementerebbe traffici illegali e il bracconaggio.

Bisogna agire congiuntamente sulla cultura locale modificandone gli atteggiamenti, fortificando l’informazione, l’educazione e la sensibilizzazione su certi temi.
Informare i produttori e i consumatori dei rischi in cui si incorre con queste pratiche.
Educare le nuove generazioni al rispetto degli ambienti naturali. Sensibilizzare Paesi ricchi e poveri rispetto ai vantaggi di un mondo più equilibrato, proteso verso il raggiungimento di livelli alti di sostenibilità ambientale, sociale ed economica.

È necessario un vero e proprio cambio di paradigma: comprendere che azioni invasive portano profitti solo nel breve periodo e che le conseguenze di queste azioni richiedono spesso investimenti economico-sociali superiori ai profitti ottenuti.
Il termine sfruttare dovrà essere sostituito dal termine usare e preservare a devastare.
Questa crisi sanitaria in cui siamo immersi è e deve essere un importante monito per le prossime azioni perché imparare dal passato per evitare in futuro gli stessi errori è sempre possibile.

  • Saremo capaci di investire energie e denaro sulla risoluzione dei reali problemi che hanno causato la crisi odierna?
  • Quest’emergenza avrà fatto maturare una maggiore consapevolezza nel singolo cittadino circa l’importanza del rispetto dell’ambiente naturale e animale?
  • Questa consapevolezza porterà tutti, dal singolo alle comunità a lottare per un sistema economico e sociale meno invasivo e più equilibrato?

Letture consigliate

BBC, Coronavirus: Putting the spotlight on the global wildlife trade

The Guardian, ‘Tip of the iceberg’: is our destruction of nature responsible for Covid-19?

The Guardian, Human impact on wildlife to blame for spread of viruses, says study

One comment

  1. Damiano

    Interessante spunto! Bisognerebbe capire la probabilità di rischio spillover, e quali sono i driver lo causano, dal momento che è un evento piuttusto raro, e non all’ordine del giorno.

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Rischio Spillover: a fine…

by Valeria Uncino time to read: 3 min
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