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A cura di Vittoria Corrado
I numeri hanno spesso l’effetto di appiattire la portata dei fenomeni sociali, essendo il mero dato quantitativo incapace di rimandarci indietro una chiara immagine del problema della povertà in Italia.
Affermare che attualmente nella penisola ci sono 5 milioni di persone in condizione di povertà assoluta può lasciarci indifferenti se non ci si avvicina alle storie di ognuno di loro, a cosa vuol dire precipitare “dall’altra parte”, e soprattutto se non si guarda alle sfumature del fenomeno.
La prima considerazione da fare riguarda la facilità con la quale un numero crescente di persone “scivola” in uno stato di indigenza, specie quando si trova da tempo in uno stato di precarietà. Un licenziamento, la morte di un parente, il sopraggiungere di una malattia, un divorzio e la vita cambia bruscamente il suo corso e queste persone si ritrovano letteralmente per strada, senza più la possibilità di avere accesso ai beni e servizi considerati primari.
La povertà non ha un unico volto: può essere sanitaria, educativa, abitativa non solo monetaria. E questa diversità di forma è spesso ignorata a favore di una narrativa che ne mette in evidenza solo l’aspetto economico. La recente attuazione del reddito di cittadinanza mostra chiaramente come la stessa classe politica italiana affronti il tema solo in termini di mancanza di lavoro, quando il fenomeno – anche ad un’analisi forfettaria – non si può comprendere con una lente di lettura tanto limitata quanto distorsiva.
Il tema è ad oggi oggetto di due approcci molto diffusi: quello criminalizzante – che tratta l’indigenza come una colpa personale o peggio una scelta personale – e quello caritatevole, intriso di un paternalismo stantio che ignora tutto il campo delle possibili soluzioni e si dedica esclusivamente ad un aiuto una tantum che finisce per essere ininfluente per i suoi destinatari.
La buona notizia è che ci sono una miriade di piccole e medie realtà – perlopiù sconosciute e invisibili agli occhi dell’opinione pubblica – che lavora giorno e notte per contrastare le varie forme di povertà, adottando tipologie di azioni spesso molto innovative. Il loro obiettivo è quello di non lasciare nessuno solo. Perché la solitudine è il peggior meccanismo di esclusione sociale e la più grande povertà che si possa immaginare.
Iniziative come: il riciclo del pane a Roma; il cohousing a Firenze; la raccolta del reso dei supermercati e dei mercati ortofrutticoli o i progetti per facilitare il ricollocamento nel mondo del lavoro sono solo alcuni esempi di quanto viene fatto da tantissime organizzazioni a vario titolo. Quest’ultime tuttavia lavorano troppo frequentemente come delle “isole di ossigeno” per offrire sollievo ai poveri, riuscendo a raggiungere solo una piccola percentuale di loro. Non è raro infatti che vi sia una forte mancanza di dialogo e collaborazione fra pubblico e privato, che condiziona l’impatto delle misure a contrasto del problema.
- Quale potrebbe essere il nuovo sguardo della politica sul tema?
- Partendo dalla considerazione che l’uguaglianza sostanziale tra gli individui è il solo strumento in grado di debellare la povertà, Come si può garantire le stesse condizioni e tutele a tutti i cittadini?
Letture Consigliate
https://www.internazionale.it/reportage/2019/12/02/poveri-poverta-italia
https://thevision.com/attualita/5-milioni-poveri-italia/
http://www.ansa.it/sito/notizie/magazine/numeri/2018/11/23/sono-5-milioni-i-poveri-tanti-bambini.-viaggio-tra-chi-li-aiuta_194d4394-21b6-4ad8-89df-a99dda4f9c36.html